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“Ti ho amata per la tua voce” di Selim Nassib

Frammenti da una conferenza su Oum Kalthoum

“Entrava in scena con un vestito bianco, un vestito giallo, un vestito verde, la gente gettava il proprio cuore su di lei, li teneva a lungo nel suo calore, senza più fiato. A mezzanotte, quanto il programma annunciato finiva, aveva ancora voglia di cantare, attaccava con Ya Zalimni, Tu che mi tiranneggi, una lunga poesia che avevo composto per lei quindici anni prima, o allora con Amal Hayati, Speranza della mia vita, la second canzone di Muhammad. Questa parte del concerto era per il piacere, veniva concessa qualsiasi improvvisazione. Il pubblico si toglieva la giacca e si tirava su la gallabiyya. L’idolo avrebbe cantato lo sconforto di tutti e immergendocisi lo avrebbe dissolto. Sapeva che il popolo arabo sarebbe rimasto incollato alle radio, che le strade sarebbero state deserte, che i dirigenti avrebbero evitato di fare una qualsiasi dichiarazione, perché quella notte i popoli avevano orecchie solo per lei. Ma, dopo mezzanotte quella gloria non contava più. Le bastavano il respiro e l’odore degli uomini di fronte a lei. La fama era diventata astratta. Anche gli onori, anche Nasser; anche la politica. La conoscevo. Non si rendeva conto che, dopo quattro anni, il sogno dell’unità araba era finito male, che l’unione tra Egitto e Siria si era conclusa con un divorzio pieno di rancore. Esisteva solo il palcoscenico. Il suo corpo si consegnava alla trance, come fosse l’unico percorso per raggiungere la sensazione di esistere. E così, esisteva. Attraverso il fremito del ventre, l’ebrezza della voce, le grida d’amore del pubblico. Solo la luce dei riflettori le permetteva di addormentare la sua coscienza. E lì, con gli occhi socchiusi, liberava i freni, abbandonandosi fino al mattino”

 

“Ti ho amata per la tua voce”, Selim Nassib

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